Sulla violenza - 9788889446201

Sulla violenza: Qui si tenta di pensare la violenza. Non già contemplarla come una sostanza, sempre identica a se stessa, come un'essenza non segnata dai concatenamenti in cui viene convocata o si trova ad operare. Se così fosse, pensare la violenza significherebbe non solo sacralizzarla ma anche interpretarla come ciò che impedisce ogni pensiero, così che il pensiero dovrebbe, per restare fedele a se stesso, separarsi da ogni violenza e combattere ogni sua manifestazione. È quello che in fondo sostiene il pensiero neo-liberale. Qui, invece, si tenta di ripetere il gesto di Benjamin: pensare la differenza nella violenza. La violenza puramente annichilente non rappresenta la verità d'ogni violenza, ma l'affermarsi di una prospettiva, di una "valutazione" che rende la violenza annichilente o sterminatrice. Se pensare significa inaugurare un concatenamento che rompe con le relazioni abituali, ogni pratica di pensiero creatrice, dalla politica all'arte, è anche un atto di violenza. Allo stesso tempo, i concatenamenti abituali da cui il pensiero ci slega non hanno nulla di naturale: si sono costituiti grazie ad un modo della violenza e, per parafrasare Benjamin, si mantengono grazie alla violenza. Che senso ha allora il discorso che ripudia la violenza? Quale prospettiva e quali effetti produce? Pensare oggi la violenza significa inevitabilmente pensare la modalità della violenza prodotta dal discorso che si propone di eliminarla.
Here you try to think about the violence. Not already contemplating it as a substance, always identical to itself, as an essence not marked by sequences in which is convened or it operates. If so, think violence would mean not only sacralizzarla but also interpret it as what prevents any thoughts, so that thought should, to remain true to itself, separate from any violence and combating all its manifestations. And what basically supports the neo-liberal thinking. Here, instead, attempting to repeat the gesture of Benjamin: think of the difference in violence. Purely annihilating violence does not represent the truth of any violence, but the emergence of a perspective, a "assessment" that makes the annihilating violence or doomsday. If think mean inaugurates a chaining that breaks with the usual reports, every practice of creative thinking, from politics to art, is also an act of violence. At the same time, the usual chains from which the thought we untie are not natural: you are made thanks to a way of violence and, to paraphrase Benjamin, are maintained thanks to violence. What's the point then the speech that repudiates violence? What perspective and what effects does? Think today means violence inevitably think of how violence produced by speech that aims to eliminate it.