Rischiar per gioco. L'azzardo come patologia sociale - 9788836815678

Rischiar per gioco. L'azzardo come patologia sociale: "Il gioco è un'attività tipicamente umana che, pur nel rispetto di regole, apre all'imprevisto, alla fantasia, alla creatività. Certo i significati che si sono aggregati intorno a questa parola fascinosa e a suo modo ambigua sono molteplici (mettersi in gioco, stare al gioco, la posta in gioco, il gioco della vita) e molti si riferiscono non tanto all'attività del giocare, ma a significati ulteriori di carattere psicologico, etico, filosofico. Il gioco è di per sé anche un'attività saltuaria, intermittente, non si può giocare sempre. Non a caso si dice che uno è un giocatore non perché gioca, ma gioca con determinate caratteristiche di continuità, quando quel particolare gioco diventa la sua professione, il suo lavoro: un lavoro appunto, o un'ossessione, non più un gioco. Nessuno dice di un ragazzo che gioca al pallone con altri coetanei che è un calciatore; o, se uno gioca a tennis con gli amici, che è un tennista. È da chiedersi allora come il gioco possa diventare una patologia comportamentale che genera e giustifica un forte allarme sociale, e una patologia che colpisce in modo significativo i nostri adolescenti. Il buon senso suggerisce che ciò avviene quando il gioco non serve più a giocare in senso ludico ma è lo strumento per un fine diverso, di carattere lucrativo, attraverso un meccanismo di tipo casuale e aleatorio che non mette in gioco, se non in parte, sovente minima, la bravura dell'operatore." (Dalla Prefazione del professar Ivano Paci)
"The game is a typical human activities that, while respecting rules, open for the unexpected, imagination, creativity. Of course the meanings that have aggregated around this fascinating and ambiguous in its way are multiple word (get involved, stay in the game, the stakes, the game of life) and many refer not so much to play, but ethical, philosophical, psychological, additional meanings. The game itself is also an occasional activity, intermittent, you can't play forever. Not surprisingly it is said that one is a player not because play, but play with certain characteristics of continuity, when that particular game becomes his profession, his work: a job, or an obsession, not a game anymore. No one tells of a boy playing football with other peers who is a footballer; or, if one plays tennis with friends, which is a professional tennis player. And one wonders then how the game can become a behavioral disorder that raises and justifies a strong social alarm, and a disease that affects significantly our teenagers. Common sense suggests that this happens when the game is no longer needed to play in a recreational way but is the tool for a purpose other lucrative character, through a random and uncertain type mechanism that comes into play, not only in part, often minimal, the skill of the operator. " (From the preface of Ivano professar P)