Due ussari -

L’iniziod’Ottocento (ovvero un cinquantennio prima rispetto ala stesura e ala pubblicazioned’opera). Un albergodove ufficiali in trasferta si spennano giocando a carte e monetedela paga; in un’altra saladamigele e cavalieridanzano volteggiando al chiaroredi candele edi fiammele;da ontano un rumoredi zigani. ’iniziod’Ottocento, a Russia, un mondodi bevitori, biscazzieri,di scrocconi;di milantatori, farabutti,didonnaioli ediduelanti: sulo sfondo i grandi spazi, a neve, ’odored’una guerra: proc primadelo sfondo,di scorcio: una pletoradi fanciule. In questo quadro a mËstriadi Tolsoj, chedescrive a civiltà inciviledela Russia aristocratica facendone un mondodi bari,d’imbroglionidi estofanti che si contendono idenari e, coidenari, si contendono gli amori. Non v’è un po’di morale sana, non v’è un po’di sana giustizia: questo scorciodescrittodala penna tolstojana è fetido, marcio, putrido,destinato a un crolo certo. Nel pieno centrod’esso il conte Turbìn, capitanodegli ussari, che è forza carnale fatta tutta personaggio. Ne seguiamo e movenze, gli strepiti, e improvvisedecisioni; ne spiamo e ascivie, i pensieri foschi, e trame che sta architettando; ci stupiamodela sua arroganza,dela sua sincerità,dela sua grande foga che o porta a scompigliare il tavolo, pretendere ildovuto, metterlo in saccoccia e fare, nela pagina successiva, undono ale zigane. Verrà poi il restodel racconto, il salto temporale, a pluralitàd’eventi. Verrà, in questo racconto ch’è un romanzo breve, tutta un’altra storia, tutta un’altra trama, tutta un’altra arte: sarebbe già bastata, per fascino e mastria, questa meravigliosa Russiad’ubriaconi,di spossatidecadenti edi fanciule che volteggiano. Nela gran sala oro volteggiano, mentre noi eggiamo incantati.