Storie di ordinaria dissociazione. Non pensiero e trauma tra storia, arte e psicoanalisi - 9788891780928

Storie di ordinaria dissociazione. Non pensiero e trauma tra storia, arte e psicoanalisi: A volte, leggendo i giornali, ci si chiede il motivo di tanta rabbia, il perché di un odio così profondo, il senso di una intolleranza così viscerale da negare a chi è diverso il diritto stesso ad esistere. Com'è possibile spiegare comportamenti il cui unico fine sembra essere l'annientamento psicologico e fisico dell'altro? Questioni scomode a cui spesso si risponde individuando nella persona che ha commesso l'atrocità una "perversione morale" o una qualche forma di patologia mentale. Ma se fossero intere comunità a esprimere rabbia, odio, distruttività? Come potremmo spiegare un "male" così diffuso? In fondo, questa è la domanda che ci hanno lasciato le atrocità commesse da nazisti come Adolf Eichmann o da milioni di persone "comuni" che si trasformarono in carnefici incapaci di "pensare" a ciò che stavano facendo. Che ruolo hanno in tutto questo il trauma e la dissociazione? In che modo è possibile utilizzare questi concetti per dare senso ad eventi e relazioni in cui si dissolve ogni capacità di riconoscere la propria e l'altrui umanità, in cui trionfa un "non pensiero" onnipotente e perverso? Prendendo spunto dal caso di Adolf Eichmann, ufficiale delle SS processato per crimini di guerra nel 1961, e dalle riflessioni di Hannah Arendt su La banalità del male, il presente volume esplora il tema del trauma, della dissociazione e del "non pensiero", offrendo al lettore un itinerario in cui la psicoanalisi si intreccia a riferimenti storici, filosofici, ma anche letterari e cinematografici. Un percorso attento però anche alla prassi psicoterapeutica: la seconda parte del vo
Sometimes, reading the newspapers, one wonders why so much anger, the reason for a hatred so profound, the sense of a intolerance so visceral to deny who is different from the right to exist. How is it possible to explain behaviors whose only purpose seems to be the psychological and physical annihilation of the other? Uncomfortable questions often answered by identifying in the person who committed the atrocity a "moral perversion" or some form of mental pathology. But what if they were whole communities expressing anger, hatred, destructiveness? How could we explain an "evil" so widespread? In the end, this is the question that has left us the atrocities committed by Nazis such as Adolf Eichmann or by millions of "common" people who turned into executioners incapable of "thinking" about what they were doing. What role do trauma and dissociation have in all this? How is it possible to use these concepts to give meaning to events and relationships in which every ability to recognize one's own and the other's humanity is dissolved, in which an almighty and perverse "no thought" triumphs? Taking its cue from the case of Adolf Eichmann, SS officer prosecuted for war crimes in 1961, and Hannah Arendt's reflections on the banality of Evil, this volume explores the theme of trauma, dissociation and "no thought", offering the Reader an itinerary in which psychoanalysis is intertwined with historical, philosophical, but also literary and cinematographic references. A careful course but also to the psychotherapeutic practice: The second part of the VO